Reati contro la famiglia: Si disinteressa dei figli senza eseguire sentenza: vìola gli obblighi di assistenza familiare

16 dicembre 2015

Disinteressarsi dei figli minori violando il provvedimento del giudice è violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) e non mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art. 388 c.p.).Pronunciandosi su una vicenda in cui la Corte di Appello aveva confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi nei confronti di uomo condannato, per quanto qui di interesse, per il reato di cui all'art. 388, commi 1 e 2, c.p., riferito all'elusione dell'esecuzione del provvedimento emesso dal Tribunale riguardante l'affidamento dei minori, che l'imputato era autorizzato a tenere con sé il sabato e la domenica e nel periodo estivo nel mese di luglio, la Corte di Cassazione con la Sent. n. 47287 del 2015 -nell'accogliere parzialmente la tesi difensiva secondo cui i primi due commi dell'art. 388 c.p. hanno quale oggetto giuridico l'interesse all'effettività della tutela giurisdizionale e che dunque l'elusione implica una condotta più trasgressiva della mera inottemperanza - ha affermato che la radicale inosservanza da parte del genitore del dovere di cura verso i figli, di cui risulti essersi disinteressato non integra il reato di cui all'art. 388 commi 1 e 2 c.p., bensì quello di cui all'art. 570 comma 1, c.p., nella parte in cui fa riferimento a comportamento contrario all'ordine delle famiglie con sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità (già potestà) genitoriale.
a cura della Redazione
L'art. 388 c.p., sotto la rubrica "Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice", per quanto qui di interesse prevede che "Chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi all'autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all'ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032"; la norma prevede, al secondo comma, che "La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito".

L'art. 570 c.p., sotto la rubrica "Violazione degli obblighi di assistenza familiare", sempre per quanto qui interessa, prevede al comma primo che "Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032".

L'art. 388 c.p. è inserito nel capo II del titolo III del codice penale, cioè tra i delitti contro l'autorità delle decisioni giudiziarie.

Il bene-interesse protetto dalla norma non è peraltro costituito tanto dall'autorità in sé delle decisioni giurisdizionali quanto dall'esigenza costituzionale dell'effettività della giurisdizione (Cass. Pen., Sez. Unite, 27 settembre 2007, n. 36692, Vuocolo, in CED Cass., n. 236937). Ciò implica comunque che in tutti i casi previsti debba venire in considerazione l'effettività di una pronuncia giurisdizionale, in quanto da essa discendano misure cui corrispondono doveri di comportamento, positivo o omissivo, incidenti sulle specifiche situazioni contemplate dalla norma.

Con riguardo ai primi due commi dell'art. 388 c.p., in particolare occorre che venga in rilievo la cogenza di provvedimenti giurisdizionali, idonei a risolvere peculiari situazioni di conflitto. Ma nel caso di misure concernenti l'affidamento dei figli minori, il rilievo cogente del provvedimento giurisdizionale si proietta sulle modalità dell'affidamento e sulla regolamentazione delle rispettive facoltà degli aventi diritto, posto che invece, a prescindere dal provvedimento, già sussiste in capo ai genitori il dovere di cura e di assistenza nei confronti dei figli minori, previsto dalle norme del codice civile (attualmente, dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, deve farsi riferimento agli artt. 147 e 316 c.c.). Ciò significa che la violazione del dovere di cura, in relazione all'obbligo di assicurare assistenza morale e materiale ai figli, non può correlarsi ad un provvedimento che disciplina le modalità dell'affidamento e del diritto di visita e che assume invece incisivo rilievo nel rapporto con l'altro soggetto, gravato da analogo diritto-dovere.

In altre parole l'effettività del provvedimento va valutata in relazione alla sfera di operatività sua propria e al tipo di conflitto che intende dirimere, non potendo invece invocarsi in relazione al mancato esercizio di facoltà riconosciute, correlate peraltro a preesistenti obblighi primari, che prescindono da esso.

Tanto premesso, nel caso di specie, all'imputato era stato infatti addebitato di aver disatteso l'autorizzazione a tenere con sé i figli il sabato e la domenica e nel periodo festivo, non esercitando il relativo diritto. La difesa del ricorrente, in particolare, richiamava l'insegnamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione e quello della Corte costituzionale, sottolineando che i primi due commi dell'art. 388 c.p. hanno quale oggetto giuridico l'interesse all'effettività della tutela giurisdizionale e che dunque l'elusione implica una condotta più trasgressiva della mera inottemperanza; si aggiungeva che i bimbi avevano avuto contatti continui con i nonni paterni e con la sorella dell'imputato, avendo la stessa ex moglie dichiarato che l'uomo entrava e usciva dal carcere ed era stato anche vittima di un attentato, per cui ella evitava al momento di mandare i bimbi per paura, fermo restando che in base a quanto dichiarato dalla donna l'imputato era rimasto in carcere a Torino per alcuni mesi ed ella non aveva reputato opportuno mandare i figli fino a Torino.

La Cassazione, nell'affermare il principio di cui in massima, ha chiarito che il mancato esercizio di un diritto non può integrare il reato di cui all'art. 388, c.p., ritenendo quindi che la condotta accertata dalla Corte d'appello in piena sintonia con quanto ritenuto dal Tribunale, in ordine alla radicale inosservanza da parte del genitore del dovere di cura verso i figli, dei quali risulta essersi sostanzialmente disinteressato, non integrasse il reato di cui all'art. 388 commi 1 e 2 c.p., bensì quello di cui all'art. 570 comma, c.p., nella parte in cui fa riferimento a comportamento contrario all'ordine delle famiglie con sottrazione agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità (già potestà) genitoriale.
Cass. Pen., Sez. VI, 30 novembre 2015, n. 47287

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