Divorzio breve e negoziazione assistita: il calcolo della parcella dell'avvocato

27 maggio 2015

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Divorzio breve e negoziazione assistita: il calcolo della parcella dell'avvocato
da Il Quotidiano Giuridico 

In questi ultimi anni il diritto di famiglia ha subito profonde modifiche, in particolare la disciplina della “cessazione del matrimonio”.

Si è passati, infatti, dalla legge n.898 del 1970, alla riduzione dei tempi (da 5 a 3 anni) per il divorzio dopo la separazione, alla negoziazione assistita ed agli accordi innanzi all’ufficiale di stato civile, di cui agli artt. 6 e 12 della  l. n.162 del 2014 (con cui si evita il passaggio  in Tribunale), al recente divorzio breve di cui alla legge 6.5.2015 n.55 (in vigore  dal 26.5.2015).

Le diverse “modalità” di cessazione del matrimonio hanno di certo riflessi sul compenso dovuto all’avvocato, e, quindi, sui costi che i coniugi devono affrontare. Infatti, i costi  per una procedura di separazione e divorzio sono certamente diversi a secondo della procedura prescelta: separazione giudiziale; separazione giudiziale trasformata in consensuale; separazione consensuale; negoziazione assistita; separazione dinanzi all’ufficiale dello stato civile;  difesa di un solo legale per entrambi i coniugi.

Occorre premettere che il compenso dell’avvocato è strettamente collegato alla “intensità” dell’attività espletata, “intensità” che, nel caso di specie, si può individuare nella presenza di figli, patrimonio immobiliare dei coniugi, attività espletata dai coniugi insieme, litigiosità fra coniugi ampliata dalla presenza di figli minorenni.

Stante la variabilità dei costi, collegati a fattori non sempre prevedibili, è opportuno per i coniugi richiedere espressamente al legale un preventivo scritto del costo della prestazione, anche perché l’avvocato è tenuto (art.13, comma 5, l. n. 247/2012) a rendere noto al cliente il livello di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell’incarico, ed a richiesta del cliente deve comunicare in forma scritta la prevedibile misura del costo della prestazione.

I parametri, peraltro, si applicano quando all’atto del conferimento dell’incarico o successivamente, il compenso non sia stato consensualmente determinato; in pratica il regolamento sui parametri si applica in assenza dell’accordo delle parti sui compensi.

Né sussistono difficoltà per l’avvocato nella formulazione del preventivo del costo, stante l’attuale struttura parametrica di cui al dm n.55 del 2014: i parametri sono formulati in modo da favorire la trasparenza nella determinazione dei compensi dovuti per le prestazioni professionali e la semplicità nella determinazione del compenso.

La struttura parametrica elaborata con il dm n. 55/2014 è caratterizzata, infatti, dalla massima facilità applicativa e da estrema flessibilità, consentendo con immediatezza di determinare il compenso spettante;  il cliente e l’avvocato (ma anche il giudice), qualora nella  pattuizione fanno riferimento ai parametri per il compenso, non devono fare altro che:

individuare l’autorità giudiziaria adita (nel caso di specie il Tribunale);
il valore della controversia (e quindi la fascia di valore), che, nel caso di specie, è indeterminabile;
le fasi del giudizio (studio controversia, fase introduttiva, attività istruttoria, fase decisionale) in cui vi è stata attività professionale;
procedere alla somma dei valori parametrici per le varie fasi in cui vi è stata attività professionale.
L’attuale struttura parametrica, infatti, svincola la determinazione del compenso da criteri quantitativi collegati al numero di atti difensivi redatti (non ci sono più i diritti di procuratore), o dal numero di udienze cui il difensore ha partecipato, stabilendo un compenso unitario per ogni fase processuale, anche se con una forbice ampia: importo minimo, importo medio, importo massimo.

 Occorre evidenziare che per l’attivazione del procedimento è dovuto anche il contributo unificato, che è, per fortuna, di importo modesto. Si va, infatti, dalle 43,00 euro per la separazione consensuale e per le domanda congiunta dei coniugi per lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ad euro 98,00 per i procedimenti contenziosi e per la separazione personale dei coniugi in via giudiziale.

Per la determinazione del compenso spettante all’avvocato, occorre preliminarmente accertare il valore della causa di separazione/divorzio (e quindi, la fascia di valore parametrico), e ciò a prescindere dalla procedura adottata.

La posizione economica dell’avvocato “matrimonialista” è aggravata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass. 22 gennaio 2009, n. 610; Cass. 20 aprile 1977, n. 1620), e di merito (Trib. Napoli 30 luglio 2009) le quali hanno affermato che, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato, la causa di separazione e/o di divorzio va considerata di valore indeterminato.

Nelle cause di separazione e/o divorzio si assiste spesso, però, ad attribuzione a carico di uno dei coniugi di “vitalizi” consistenti, oltre che a somme spesso ingenti, concordate in sede di divorzio nei casi di liquidazione una tantum.

È difficile “capire” il perché non incida in alcun modo sulla determinazione del valore della controversia l’ammontare delle richieste economiche connesse. Non si può ignorare, infatti, che con la separazione e/o divorzio vengono spesso raggiunti accordi che riguardano la proprietà immobiliare, la divisione di beni in comunione legale, trasferimento di quote societarie, attribuzione in proprietà di beni mobili.

A tali dati occorre aggiungere la consistente attività stragiudiziale che precede una separazione consensuale e/o divorzio congiunto, e tutta l’attività a latere del giudizio che si concretizza spesso con scritture private predisposte dal legale, attività che essendo relativa a questioni oggetto del successivo sviluppo giudiziale o comunque strumentale al giudizio, viene assorbita nel compenso maturato per la fase giudiziale.

Il d.m. n. 55/2014 si è accorto delle incongruenze della disciplina della liquidazione del compenso all’avvocato nella materia di separazione e divorzio, e ha posto riparo con un modesto riconoscimento economico agli avvocati “matrimonialisti”.

Infatti, l’art. 4, comma 3, del d.m. n.55 del 2014, statuisce che “Quando l’avvocato assiste ambedue i coniugi nel procedimento per separazione consensuale e nel divorzio a istanza congiunta, il compenso è liquidato di regola con una maggiorazione del 20 per cento su quello altrimenti liquidabile per l’assistenza di un solo soggetto”.

Occorre evidenziare che nell’ipotesi in cui, instaurata la separazione giudiziale, all’udienza presidenziale si trovi una soluzione consensuale, con la redazione di un verbale di udienza conciliativo, si applica comunque l’onorario per un procedimento ordinario, con il riconoscimento della maggiorazione prevista dal D.M. n. 55/2014 per i casi in cui la lite viene conciliata (art. 4, comma 6, D.M. n. 55/2014): “compenso di regola aumentato fino a un quarto rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale, fermo quanto maturato per l’attività precedentemente svolta”.

Non si possono, infatti, ignorare la delicatezza degli argomenti che vengono trattati nella cause di diritto di famiglia (separazione e divorzio), l’importanza delle questioni che vengono sollevate in tali cause, circostanze che hanno imposto una riflessione sui “criteri” di liquidazione del compenso dell’avvocato matrimonialista, in quanto i criteri di liquidazione previsti dal previgente D.M. n. 140/2012 e della giurisprudenza in materia in ordine al valore della controversia, non corrispondevano al tempo, al lavoro e professionalità che gli avvocati di famiglia dedicano a tali attività.

Fatte tali doverose premesse, in ordine alla parcella dell’avvocato in caso  negoziazione assistita e divorzio breve, si evidenzia quanto segue.

 Negoziazione assistita

In base all’art. 6 del d.l. 12.9.2014 n.132, conv. in legge n.162/2014, la convenzione di negoziazione assistita (con l’assistenza di almeno un avvocato per parte) può essere  conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale:

di separazione personale;
di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio;
di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
L’accordo raggiunto a seguito della citata convenzione produce gli effetti, e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

In mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito  di convenzione di negoziazione assistita, è trasmesso al Procuratore della Repubblica, il quale, quando non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nulla osta per la trasmissione dell’accordo raggiunto all’ufficiale dello stato civile del comune interessato.
Nel caso di cui alla precedente lettera a), e cioè di nulla osta di regolarità da parte del Procuratore della Repubblica, non si ha il “passaggio” in Tribunale, con la conseguenza che, stante l’assenza di una fase giudiziale (presupposto essenziale per una prestazione giudiziale è che il mandato sia esplicato in un giudizio, davanti al giudice), per il compenso dell’avvocato occorre fare riferimento alla tabella 26 del d.m. n.55/2014 relativa alle prestazioni di assistenza stragiudiziale. Tale tabella prevede per le controversie di valore indeterminato (come sono le cause di separazione/divorzio) un compenso:

minimo di     € 1.654,00;
medio   di     € 3.308,00;
massimo di  € 5.954,00.
  A meno che le parti (cliente-avvocato) non abbiano preventivamente pattuito un compenso di importo diverso, atteso che la pattuizione tra le parti prevale sugli importi parametrici del dm n.55 del 2014.

In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito  di convenzione di negoziazione assistita, deve essere trasmesso al Procuratore della Repubblica, il quale, quando ritiene che l’accordo raggiunto risponde all’interesse dei figli, lo autorizza (con conseguente successiva trasmissione da parte dell’avvocato, dell’accordo raggiunto all’ufficiale dello stato civile del comune interessato).
In tale caso, il compenso si determina con i criteri di cui alla precedente lettera a) stante l’assenza del “passaggio” in tribunale, e quindi con la tabella parametrica stragiudiziale (n. 26) del dm n. 55/2014.

Quando invece il Procuratore della Repubblica, ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, trasmette l’accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita al Presidente del Tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti.

In tale caso, però non viene evitato il “passaggio in tribunale”. Per il compenso, quindi, non può che farsi riferimento alle prestazioni giudiziali, e quindi, alla tabella 2 del dm n. 55 del 2014, tabella che prevede per le cause di valore indeterminato un compenso:

 minimo di           €   4.459,00
 medio di             € 10.343,00
 massimo di         € 19.327,00
e come già detto, sempreché le parti non abbiano concordato un diverso importo quale compenso professionale, senza fare riferimento alle tabelle parametriche del dm n.55/2014.

Divorzio breve

L’art. 1 della l. 6.5.2015 n. 55 “riduce” i tempi per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, a dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi (anziché tre anni) innanzi al Presidente del Tribunale nelle procedure di separazione personale, ed a sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale.

La riduzione dei tempi non incide però sulla procedura da seguire per la cessazione degli effetti civili del matrimonio, e conseguentemente sul compenso spettante all’avvocato, che è quello di cui alla tabella 2 (valore indeterminato) del dm n. 55/2014 e riportato alla precedente lettera A) sub.b).

I costi di una separazione giudiziale/divorzio, anche dopo il divorzio breve, sono, però, di importi non certo modesti, anche se gli stessi lievitano se la  giudiziale è complessa; e ciò spinge sempre più spesso le coppie italiane a scegliere paesi europei per divorziare, ove i costi (ed i tempi) sono più ridotti.

Accordi di separazione/divorzio innanzi all’ufficiale di stato civile

In base all’art. 12 del d.l 12.9.2014 n.132, conv. in l. n. 162/2014, i coniugi, con l’assistenza facoltativa di un avvocato, innanzi all’ufficiale dello stato civile, possono concludere un accordo congiunto di separazione consensuale, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio (l’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale).

 Tale procedura non si applica in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente indipendente.

In tale procedura, nel caso di assistenza dell’avvocato, per il compenso professionale, stante la mancanza del “passaggio in tribunale”, occorre fare riferimento alla tabella n. 26 del dm n. 55/2014 relativa alle prestazioni stragiudiziali.

Si può, quindi, concludere che, nel caso di assistenza e difesa del cliente nella procedura di negoziazione assistita o divorzio breve, oppure  nella redazione degli accordi di separazione/divorzio innanzi all’ufficiale di stato civile, per il compenso dell’avvocato si deve fare riferimento alla tabella giudiziale (tabella 2) oppure alla tabella  stragiudiziale (tabella 26) del dm n. 55 del 2014, a secondo se vi è stata o meno “il passaggio in tribunale” della controversia.

Per una rassegna esaustiva della prassi amministrativa e giurisprudenza in materia di parametri di  cui al dm n.55 del 2014, v. L. Carbone, Parcelle avvocati e fatturazione elettronica verso la P.A., Milano, 2015.

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