In presenza di una consolidata vita familiare, risponde all’interesse del minore l’adozione di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 44, comma 1 lett. d) l. 184/1983, da parte della compagna della madre biologica. A stabilirlo è la Corte d’Appello di Torino che — con sentenza del 25 maggio 2016 — in riforma della decisione del Tribunale per i Minorenni, ha disposto l’adozione di un minore da parte della compagna della madre biologica.
Nella fattispecie, si trattava di una coppia di donne che, dopo aver contratto matrimonio in Islanda nel 2011, si erano trasferite a Torino.
Durante la convivenza, una delle due donne aveva generato un figlio, che era cresciuto all’interno di un progetto di genitorialità condivisa, nel quale anche la compagna aveva svolto un vero e proprio ruolo di madre.
Il Tribunale aveva rigettato la domanda, ritenendo inammissibile l’interpretazione estensiva dell’art. 44, lett. d), l. 4.5.1983, n. 184, tale per cui il requisito della “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” comprenderebbe anche l’impossibilità giuridica di affidamento preadottivo.
La ricorrente ha proposto appello, censurando l’impostazione del Collegio torinese.
Anche il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del gravame.
La Corte piemontese ha, in primo luogo, osservato che il dato letterale della norma citata non richiede, ai fini dell’adozione in casi particolari, l’accertamento dello stato di abbandono.
Una lettura sistematica della norma che imponesse tale preliminare requisito non sarebbe conforme a Costituzione, come ricordato da Corte Cost. 7 ottobre 1999, n. 383, secondo cui “il legislatore ha voluto favorire il consolidamento dei rapporti tra il minore ed i parenti o le persone che già si prendono cura di lui, prevedendo la possibilità di un'adozione, sia pure con effetti più limitati rispetto a quella "legittimante", ma con presupposti necessariamente meno rigorosi di quest'ultima. Ciò è pienamente conforme al principio ispiratore di tutta la disciplina in esame: l'effettiva realizzazione degli interessi del minore”.
Tale lettura appare anche in linea con gli orientamenti della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale, con riferimento all’art. 8 della Convenzione, ha affermato che “il rispetto per la vita include il primario interesse a definire la propria identità come essere umano, compreso il proprio status di figlio o di figlia di una coppia di genitori”.
All’esito dell’istruttoria svolta nel giudizio di primo grado – ove sono state sentite la ricorrente e la madre biologica, è stata acquisita la relazione del Servizio Sociale e sono state assunte le informazioni presso la competente Stazione dei Carabinieri – è emerso un quadro ampiamente positivo con riferimento alla posizione della coppia e alla capacità di entrambe le donne di educare ed istruire il minore.
Si tratta di una pronuncia importante, perché recepisce l’orientamento del Tribunale per i minorenni di Roma, secondo cui l’impossibilità di affidamento preadottivo – ritenuto dall’art. 44, lett. d) presupposto per l’adozione speciale – va intesa non soltanto in senso materiale, o comunque connessa allo stato di abbandono, ma anche come impossibilità giuridica data, nel caso di specie, dalla presenza di un genitore biologico esercente la responsabilità genitoriale.
La lettura evolutiva della disposizione in esame è ritenuta conforme, inoltre, al quadro sovranazionale, e alla particolare considerazione da esso accordata alle relazioni familiari di fatto, al momento di statuire sull’interesse del minore all’adozione. Il concetto di vita familiare, come enunciato in numerose decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, è insomma “ancorato ai fatti”, perché sono “i rapporti, i legami, la convivenza a meritare tutela”, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica.
Particolarmente significativo, in questo senso, che la Corte torinese richiami il proprio precedente in tema di trascrizione dell’atto di nascita spagnolo recante l’indicazione delle due madri: in tale decisione, la Corte aveva infatti affermato di dover “garantire copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni nell’esclusivo interesse di un bambino”.
Sullo stesso argomento, si segnala la sentenza n. 28 della Corte d’Appello di Torino consultabile in allegato al presente articolo.
Esito della domanda:
Accoglimento
Precedenti giurisprudenziali:
Corte Europea Diritti dell’Uomo, 26.6.2014, Mennesson contro Francia ric. n. 65192/11.
Corte Europea Diritti dell’Uomo, 26.6.2014, Labassee contro Francia, ric. n. 65941/11.
Corte Cost., 7.10.1999, n. 383
Cass. 9.2.2015, n. 2400.
App. Torino, 29.10.2014.
Trib. Min. Roma, 30.12.2015.
Trib. Min. Roma, 22.10.2015.
Riferimenti normativi:
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 8.
Art. 2 Cost.
Art. 44, lett. d) L. 4.5.1983, n. 184 (“Diritto del minore ad una famiglia”), come modificata dalla L. 28.3.2001, n. 149 (“Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile").
Art. 57, n. 2, L. 4.5.1983, n. 184 (“Diritto del minore ad una famiglia”)