Paga la compagnia telefonica se la migrazione da un altro gestore non va a buon fine
La Compagnia telefonica è responsabile ai sensi dell’art. 2049 c.c. per l’attività illecita posta in essere dal proprio agente, munito del potere di rappresentanza, che sia stata agevolata o resa possibile dalle incombenze demandategli e su cui tale società aveva poteri di direttiva e di vigilanza: nel caso in oggetto appunto l’agente risulta aver indotto in errore la parte attrice riguardo alla sussistenza dei presupposti tecnici per la migrazione delle linee telefoniche verso la compagnia telefonica V. proprio nell’ambito delle sue incombenze.
di Francesco Toschi Vespasiani - Avvocato in Firenze
Il caso
Un’associazione professionale conveniva in giudizio la società V.O. N.V. per sentirla condannare al pagamento in suo favore della somma di € 10.000,00 a titolo di risarcimento dei danni causati quale responsabile per la mancata attivazione di linee telefoniche relative a contratto per servizi di telefonia concluso con la stessa.
L’attrice poneva a fondamento della domanda le seguenti circostanze:
- nell’ottobre 2010 era stata contattata dalla società GT s.r.l., nella persona di B.C., il quale, qualificatosi come mandatario e agente in nome e per conto della V., esponeva all’attrice varie offerte commerciali per servizi di telefonia;
- l’attrice faceva presente al C. che lo studio legale era dotato di un centralino e chiedeva rassicurazioni circa la compatibilità e fattibilità dell’operazione di migrazione verso V., richiesta alla quale facevano seguito rassicurazioni sulla predetta compatibilità;
- in data 20.10.2010 veniva sottoscritta la proposta di abbonamento “Offerta V. partita i.v.a.”, con portabilità al gestore V. di numeri mobili e fissi; il 28.10.2010 Vodafone confermava l’attivazione dei numeri mobili portati ed il 04.11.2010 consegnava gli apparati fax ed ADSL;
- alla metà di novembre 2010 la linea fax ed ADSL non risultava ancora operante e si erano anche verificati problemi con la linea fissa, ragione per cui l’attrice contattava e sollecitava più volte sia la GT s.r.l. che la V., ottenendo un sopralluogo presso la sede dello studio legale solo il giorno 11.12.2010, quando un tecnico V. documentava l’impossibilità tecnica di procedere alla attivazione delle linee, rilevando l’incompatibilità del centralino con il sistema V. Station;
- a cagione della predetta impossibilità di attivare le linee, l’attrice continuava a non ricevere ed inviare fax, né a ricevere chiamate in entrata (ancorché al chiamante risultasse la linea libera e funzionante) o a poterne effettuare, così che si vedeva costretta a migrare le proprie utenze verso il precedente gestore;
- in data 13.04.2011 si teneva l’udienza per il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Corecom Toscana in esito alla quale le parti non raggiungevano alcun accordo.
V. resisteva alla domanda chiedendone il rigetto ed ascriveva in via esclusiva la responsabilità dell’inadempimento all’agente C. e, in ogni caso, rilevava come sul risarcimento del danno richiesto in citazione, l’attrice non avesse adeguatamente adempiuto all’onere probatorio sulla stessa gravante.
La soluzione
Il Tribunale Firenze, 17 novembre 2016 estensore dott. Fiorenzo Zazzeri, ha ritenuto configurabile la responsabilità della compagnia V.
Secondo il giudice, era pacifico in causa (in quanto non contestato dalla parte convenuta) che l'AP – titolare delle utenze telefoniche installate presso lo studio professionale, la seconda delle quali abilitata anche al collegamento fax e internet – aveva chiesto il passaggio dal gestore T. Italia S.p.a. al gestore V. e che, in conseguenza di tale operazione di migrazione, la linea telefonica, fax e la connessione ad internet sono rimaste non operanti o, comunque, non correttamente operanti per circa due mesi e mezzo, a far data dal 15.11.2010 , nonostante i numerosi solleciti telefonici e via mail.
Infatti, a seguito di sopralluogo, peraltro avvenuto solo dopo circa un mese dal primo sollecito, il tecnico della V. ha constatato l’incompatibilità del centralino in uso presso lo studio legale con la V. Station. Anche la convenuta ha confermato in comparsa l’impossibilità tecnica di procedere all’attivazione delle linee, come rilevato dal proprio addetto in sede di sopralluogo.
Quanto alla responsabilità della V., in effetti per effettuare il passaggio da un gestore telefonico possono ritenersi sufficienti alcuni giorni ed il nuovo gestore dovrebbe garantire il funzionamento del servizio, accertandosi della compatibilità dei propri apparecchi con i sistemi in uso al cliente. Ebbene, nel caso di specie, l’attrice è stata rassicurata sulla compatibilità del proprio centralino con l’apparecchio V. Station ancorché, evidentemente, non fossero state adeguatamente controllate le caratteristiche tecniche e funzionali di tale centralino al fine di verificarne l’effettiva compatibilità con la V. Station.
La convenuta, che non contesta che l’agente C. abbia rassicurato l’AP riguardo alla compatibilità del centralino col sistema V., deduce che ciò può configurare responsabilità esclusiva dell’agente e non della stessa.
La tesi non è fondata. L’art. 2049 c.c. stabilisce che i padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze cui sono adibiti.
La giurisprudenza afferma che la società preponente è responsabile ai sensi dell’art. 2049 c.c. per l’attività illecita posta in essere dall’agente, munito del potere di rappresentanza, che sia stata agevolata o resa possibile dalle incombenze demandategli e su cui tale società aveva poteri di direttiva e di vigilanza: nel caso in oggetto appunto l’agente risulta aver indotto in errore la parte attrice riguardo alla sussistenza dei presupposti tecnici per la migrazione delle linee telefoniche verso V. proprio nell’ambito delle sue incombenze(Cass. 11.2.10 n. 3095; Cass. 3.4.00 n. 4005).
La responsabilità di V. d’altronde si configura anche riguardo alla fase successiva alla conclusione del contratto, allorchè la stessa ha fatto trascorrere circa un mese prima di inviare un proprio tecnico per verificare le ragioni della mancata attivazione delle linee telefoniche.
Accertata la responsabilità di V. per il disservizio telefonico deve essere riconosciuto il diritto dell’AP al risarcimento dei danni.
È infatti, presumibile che i professionisti abbiano innanzitutto subito un pregiudizio economico, quale conseguenza immediata e diretta del mancato funzionamento, per oltre due mesi, della linea telefonica, fax ed internet dello studio legale: durante tutto questo periodo, infatti, lo studio è stato completamente irraggiungibile dall'esterno sia sulle utenze telefoniche e fax che, seppur non continuativamente, via e-mail tramite le linee in oggetto.
Il danno economico infatti è presumibilmente derivato dalle gravi difficoltà di gestione del lavoro e dei rapporti con clienti ed altri studi professionali, nonché dalla presumibile perdita di incarichi professionali (inconvenienti risultanti dalle lamentele per il disservizio contenute in comunicazioni allegate di clienti e colleghi).
In effetti nell’odierno mercato, considerate le modalità di instaurazione e svolgimento dei rapporti economici e professionali, i servizi in oggetto costituiscono uno strumento di lavoro necessario: è quindi indubitabile che la situazione di “isolamento” in cui si venga a trovare uno studio professionale, come è accaduto nel caso in oggetto, privato repentinamente e per oltre due mesi dei servizi internet e di telefonia, determini un danno patrimoniale significativo.
Ciò a maggior ragione se, come esposto da AP in atto di citazione e non oggetto di contestazione, si tratti di studio professionale che opera in diversi settori del diritto (civile, penale ed amministrativo) e con incarichi a livello regionale e nazionale.
Venendo alla quantificazione di tali danni patrimoniali, nell’oggettiva impossibilità di determinarne il preciso ammontare, soccorre il criterio della liquidazione in via equitativa di cui all’art. 1226 c.c., criterio sempre applicabile una volta concretamente provato il danno patrimoniale nella sua esistenza; tenuto conto del reddito netto annuo dell’Associazione all’epoca, pari a circa € 60.000,00 e della durata del disservizio, appare congruo determinare in via onnicomprensiva in complessivi € 7.000,00 il danno ad oggi.
Sussiste inoltre quale ulteriore danno, con aspetti anche patrimoniali, la lesione dell’immagine professionale dello studio, atteso che l’impossibilità di mettersi in contatto con l’Associazione ha presumibilmente ingenerato in clienti e colleghi un’ immagine di non adeguata efficienza ed affidabilità professionale , certamente lesiva della reputazione professionale degli avvocati dell’AP , tanto più che le linee telefoniche, pur non essendolo, risultavano libere e perfettamente funzionanti, come si evince chiaramente dalle lamentele ricevute.
Già la giurisprudenza ha del resto riconosciuto la sussistenza di un danno all’immagine derivante da disservizio telefonico rilevando come a cagione di tale disservizio lo studio legale offra un’immagine di sé poco efficiente ed affidabile (vedi Cass. 21 gennaio 2011, n. 1418).
Anche tale voce di danno deve essere liquidata in via equitativa e , tenuto conto della durata del disservizio, del tipo di attività professionale e delle presumibili ripercussioni sulla stessa, può essere liquidato in via onnicomprensiva ad oggi in € 3.000,00.
Non risulta la prova che la vicenda in oggetto con riferimento all’AP abbia comportato la lesione in misura apprezzabile e rilevante di ulteriori interessi di rango costituzionale (Cass. 28 gennaio 2014, n. 1766; Cass. 16 dicembre 2014, n. 26367).
Pertanto la convenuta V. deve essere condannata al pagamento in favore dell’AP della somma complessiva di € 10.000,00 oltre interessi dalla data odierna al saldo.
Tribunale di Firenze, sentenza 17 novembre 2016
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