La Corte costituzionale – con la sentenza n. 108 del 2016 – ha incentrato la sua attenzione sulla delicata questione dei limiti di legittimità di intervento del legislatore nel settore delle retribuzioni dei pubblici dipendenti in relazione alla loro progressione in carriera, evidenziando la centralità dell’applicabilità in materia del generale principio del legittimo affidamento.
di Aldo Carrato - Consigliere della Corte di cassazione con funzioni di assistente di studio della Corte costituzionale
Il caso
Una dipendente del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ricoprente la qualifica di assistente amministrativo e che svolgeva su domanda funzioni superiori di reggenza di direttore dei servizi generali ed amministrativi (DSGA) presso un istituto scolastico, esponeva al giudice del lavoro del Tribunale di Torino che per il suddetto incarico aveva stipulato con il dirigente scolastico in data 1° settembre 2012 – come era avvenuto per gli anni precedenti – un contratto individuale di lavoro per il periodo 1° settembre 2012-31 agosto 2013 che prevedeva la percezione dei compensi aggiuntivi indicati dall’art. 52 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e dall’art. 69 (Indennità di funzioni superiori e di reggenza) del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) 1994-1997, sottoscritto in data 4 agosto 1995. La ricorrente poneva, in particolare, in evidenza che quest’ultima disposizione stabiliva al primo comma espressamente che «Al personale docente incaricato dell’ufficio di presidenza o di direzione, e al docente vicario, che sostituisce a tutti gli effetti il capo d’istituto per un periodo superiore a quindici giorni, nei casi di assenza o impedimento, nonché all’assistente amministrativo, che sostituisce il Direttore amministrativo o il responsabile amministrativo, negli stessi casi, è attribuita, per l’intera durata dell’incarico o della sostituzione, una indennità pari al differenziale dei relativi livelli iniziali di inquadramento».
Senonché, per effetto del combinato disposto dei commi 44 e 45 dell’art. 1 della legge di stabilità per il 2013 (n. 228 del 2012), il legislatore aveva statuito che gli assistenti amministrativi incaricati di svolgere mansioni superiori per l’intero anno scolastico per la copertura di posti vacanti o disponibili di direttore dei servizi generali e amministrativi, a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013, sarebbero stati retribuiti «in misura pari alla differenza tra il trattamento previsto per il direttore dei servizi generali amministrativi al livello iniziale della progressione economica e quello complessivamente in godimento dall’assistente amministrativo incaricato». Di conseguenza, in dipendenza dell’applicabilità della sopravvenuta peggiorativa disposizione, si era venuto a verificare che, in sostituzione del criterio in precedenza adottato (che prendeva a riferimento le retribuzioni tabellari nelle rispettive qualifiche iniziali dell’assistente amministrativo e del DSGA), si sarebbe dovuto considerare l’intero trattamento economico complessivamente goduto dall’assistente amministrativo incaricato. Pertanto, la valorizzazione dell’intero trattamento goduto dall’assistente amministrativo, in ogni caso di rilevante anzianità di servizio (superiore a 21 anni), – come è anche quello della ricorrente nel giudizio a quo (che già aveva maturato 28 anni di anzianità) – avrebbe prodotto l’irragionevole effetto dell’azzeramento del compenso per le mansioni superiori, in quanto il trattamento complessivo in godimento risultava già corrispondente o superiore a quello previsto come trattamento tabellare per la qualifica iniziale di DSGA.
Sulla base di tale rappresentazione della vicenda fattuale e del rinnovato quadro normativo, la ricorrente aveva chiesto all’adìto giudice del lavoro la condanna dell’amministrazione convenuta al pagamento dell’importo previsto nel contratto individuale del 1° settembre 2012, avendo essa svolto nel periodo dal 1° settembre 2012 al 31 agosto 2013 le mansioni superiori di DSGA, non potendosi, peraltro, escludersi la sussistenza dei presupposti per la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale del censurato art. 1, commi 44 e 45, L. n. 228 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 36 e 117 Cost.
Il Tribunale di Torino, sull’opposizione dell’Amministrazione convenuta, sollevava l’eccepita questione di legittimità costituzionale, prospettando la violazione dell’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto il criterio introdotto dalla legge di stabilità 2013 avrebbe determinato la progressiva riduzione del compenso per le mansioni superiori parallelamente alla progressione economica del dipendente, sino ad annullarlo quando il trattamento economico, per effetto degli scatti maturati in conseguenza del servizio, fosse stato tale da superare lo stipendio tabellare iniziale del DSGA. Lo stesso giudice a quo riteneva, inoltre, che la norma impugnata contrastasse anche con il principio dell’affidamento di cui allo stesso art. 3 Cost. e con l’art. 117, primo comma, Cost. in relazione agli artt. 1 e 2 della direttiva n. 2000/78/CE, la quale vieterebbe, tra l’altro, discriminazioni basate sull’età del lavoratore.
Nel promosso giudizio incidentale di legittimità costituzionale interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri (per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato), il quale deduceva l’infondatezza delle questioni sollevate, osservando che la norma impugnata – di per sé, comunque, non irragionevole e rimessa alla discrezionalità del legislatore - si inseriva nella manovra di contenimento della spesa pubblica dovuta all’eccezionale situazione economica internazionale ed alla necessità di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, laddove, tra gli obiettivi concordati in sede europea, si inseriva appunto la riduzione della spesa del pubblico impiego.
La decisione della Corte costituzionale
La Corte costituzionale – con la segnalata sentenza – ha accolto la questione rimessale, ravvisando la fondatezza del profilo pregiudiziale (e, perciò, assorbente delle altre censure denunciate) riferito alla prospettata violazione del principio del legittimo affidamento (ricondotto al parametro fondamentale di cui all’art. 3 Cost.) del funzionario in relazione alla norma sopravvenuta incidente sul suo status giuridico-economico.
La questione da dirimere consisteva, quindi, essenzialmente nel verificare se la certezza del diritto, correlata alle esigenze di stabilità, di sicurezza e definitività dei rapporti giuridici nascenti dal contratto, fosse comprimibile da un dato normativo successivo ispirato alle eccezionali esigenze di contenimento della spesa.
Il Giudice delle leggi, nel ritenere la fondatezza della questione, ha rilevato che l’inserzione automatica di una clausola di legge con effetti negativi retroattivi (come proprio quella che applicava retroattivamente ai contratti stipulati in data 1° settembre 2012, antecedente all’entrata in vigore della legge di stabilità, il meccanismo scalare di determinazione del corrispettivo dovuto al dipendente affidatario delle mansioni superiori di DSGA) in un rapporto contrattuale già consolidatosi era venuta stravolgere in modo sproporzionato appositi elementi decisivi che caratterizzavano il contratto dedotto in giudizio.
In questa ottica, infatti, risultava indispensabile evidenziare la negatività di plurimi fattori, quali:
a) l’incidenza retroattiva sui presupposti del consenso, in relazione alla cui formazione risulta determinante – per la parte privata – il fattore della retribuzione, in concreto azzerato dalla norma sopravveniente;
b) la lesione della certezza dei rapporti giuridici, considerato l’affidamento del contraente su un rapporto negoziale di natura corrispettiva;
c) la modifica unilaterale, per fatto del legislatore, degli effetti del contratto, in relazione ai quali si evidenzia la asimmetria tra il permanere immutato degli obblighi di servizio e l’affievolimento del diritto alla retribuzione delle mansioni superiori.
Proprio in virtù dell’operatività del principio dell’affidamento sulla certezza dei rapporti giuridici, non poteva ritenersi giustificabile che successivi disposizioni normative potessero trasmodare in un regolamento irrazionale ed incidere arbitrariamente – anche sul piano del peggioramento del trattamento retributivo - sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando così anche l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, costituente elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto.
Si doveva, perciò, valutare come sproporzionato il sacrificio imposto al titolare di una situazione soggettiva perfetta derivante da un contratto regolarmente stipulato rispetto all’esigenza di contenimento della spesa. Pertanto, il bilanciamento tra la posizione privata incisa dalla retroattività della norma e l’interesse pubblico sotteso al contenimento della spesa rendeva la disposizione denunciata contrastante con l’art. 3 Cost. sotto il profilo della lesione del principio dell’affidamento.
In definitiva, il combinato disposto dei commi 44 e 45 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 era da dichiararsi costituzionalmente illegittimo – con assorbimento di ogni ulteriore connessa questione - nella parte in cui non escludeva dalla sua applicazione i contratti di conferimento delle mansioni superiori stipulati antecedentemente all’entrata in vigore dello stesso.
Esito del giudizio di costituzionalità:
dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dei commi 44 e 45 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), nella parte in cui non esclude dalla sua applicazione i contratti di conferimento delle mansioni superiori di direttore dei servizi generali ed amministrativi stipulati antecedentemente alla sua entrata in vigore.
Precedenti giurisprudenziali:
Corte Cost., sent. 12 dicembre 1985, n. 349.
Riferimenti normativi:
Art. 1, commi 44 e 45, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013).
Corte Costituzionale, sentenza 20 maggio 2016, n. 108
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