Rito Fornero: il datore di lavoro può sollevare eccezione di decadenza dall'impugnazione in sede di opposizione

16 dicembre 2015

L'opposizione proposta ex art. 1, comma 51, L. n. 92 del 2012, può investire nuovi profili soggettivi ed oggettivi, tra i quali le eccezioni in senso stretto, come quella di decadenza, non sollevata dall'interessato durante la fase sommaria, giacché essa non vale come impugnazione, ossia come istanza di revisione del precedente giudizio, inidonea ad introdurre nuovi temi della disputa.
a cura della Redazione
Lo ha precisato la Corte di cassazione in una recente decisione. Infatti le disposizioni di cui ai commi 48 e 51 dell'art. 1 della citata legge, osserva il giudice di legittimità, rendono chiaro che le due fasi del giudizio di primo grado, quella di cognizione sommaria iniziata con il ricorso ex comma 49 e quella di cognizione ordinaria iniziata con l'opposizione ex comma 51, si inseriscono nel medesimo grado e si pongono in rapporto di prosecuzione. Nel caso di specie, respingendo il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto non censurabile la pronuncia impugnata con la quale i giudici di merito, pronunziando in sede di reclamo ex art. 1, comma 58, L. n. 92 del 2012, avevano riformato la decisione resa dal tribunale rigettando la domanda proposta dal ricorrente nei confronti del datore di lavoro ed avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli nel quadro di una procedura di riduzione del personale con applicazione della tutela reintegratoria e risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni globali di fatto maturate e maturande dalla data del licenziamento a quella dell'effettiva reintegra.

In particolare, diversamente dai giudici della fase di urgenza e di opposizione, la corte territoriale aveva ritenuto l'eccezione di decadenza dall'impugnazione del licenziamento ex art. 6, L. n. 604 del 1966, sollevata dal datore di lavoro soltanto in sede di opposizione, non solo pienamente ammissibile, ma altresì fondata, non incidendo la proroga, disposta dalla società datrice di lavoro per ben due volte, del periodo di preavviso, sulla regola che identifica nella data di ricevimento della comunicazione di recesso il dies a quo per il computo del termine decadenziale di 60 giorni, né essendo la proroga stessa e la conseguente protrazione dell'attività lavorativa configurabile come revoca tacita dell'intimato licenziamento.

 

Esito del ricorso:

Rigetta, Corte di Appello di Reggio Calabria, sentenza 29 ottobre 2014, n. 1694

Riferimenti normativi:

L. 15 luglio 1966 n. 604, art. 6

L. 28 giugno 2012 n. 92, art. 1
Cass. Civ., Sez. lavoro, 11 dicembre 2015, n. 25046

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